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Porci in ascolto di Gesù


II Corinzi 12:7-10
E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me; ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte.


Deuteronomio 8,2-3
Ricordati di tutto il cammino che il Signore, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant'anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del Signore.


Matteo 4,1-11

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. E il tentatore, avvicinatosi, gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio"».
Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto:
"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo,
ed essi ti porteranno sulle loro mani,
perché tu non urti con il piede contro una pietra"».
Gesù gli rispose: «È altresì scritto: "Non tentare il Signore Dio tuo"».
Di nuovo il diavolo lo portò con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli: «Tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori». Allora Gesù gli disse: «Vattene, Satana, poiché sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto"».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano.

 

 

Ciò che in altri evangeli è indicato solo con una frase, che indica che Gesù conobbe la tentazione, in Matteo viene illustrato con un dialogo inedito con il diavolo, che si fa interprete delle Scritture per tentarlo.
A noi interessa vedere più da vicino una scena così intima, e di cui nessuno poteva conoscere i dettagli, dato che Gesù era nel deserto e gli unici testimoni erano il suo avversario e gli angeli che attendono la conclusione della discussione per potersi avvicinare.
Ci interessa perché continuamente, giorno dopo giorno, siamo succubi di tentazioni piccole o grandi, e vorremmo sapere dove trova Gesù la forza di resistere, e se quella forza può diventare un po’ anche nostra.


Lo dice anche la lettera agli Ebrei che la tentazione rende Gesù più vicino alla nostra umanità, rende conto pienamente del suo essere uomo come noi. Infatti la tentazione è collocata subito dopo il battesimo che ne costituisce la vocazione e subito prima dell’inizio del suo ministero. Si tratta proprio di un passaggio in cui Gesù si interroga e interroga Dio e la sua Parola sul modo in cui è chiamato a essere e a servire come messia.
L’atteggiamento di preghiera e la meditazione attenta della Scrittura diventano la costante della vita di fede di Gesù, anche una volta abbandonato il deserto della tentazione. Ma è in quel deserto che Gesù diventa anche di fronte a se stesso chi veramente è. I 40 giorni di digiuno sono un richiamo esplicito ai 40 anni del popolo nel deserto, in cui Israele, figlio di Dio, doveva imparare a essere figlio. Un tentativo non riuscito, uno dei fallimenti di Dio nella storia. È Gesù invece che incarna questa dimensione di figlio capace di reggere gli attacchi dell’avversario più temibile, quello che si serve degli argomenti più insidiosi. Per Gesù, la tentazione non poteva che venire attraverso la riproposizione di passaggi biblici.
Dobbiamo ricordarlo quando, nei rapporti con altre chiese o altri credenti, pur di aver ragione usiamo i versetti come puntelli per la nostra posizione. Lì si insinua il “diavolo”, in questo uso strumentale della Parola. Gesù non usa la Parola ma si pone in ascolto, non sfida Dio né il diavolo ma si affida al Dio della vita.


I momenti di scontro sono tre. Il primo, attorno al tema delle pietre trasformate in pane, ci ricorda che tutto ciò che abbiamo nella nostra vita viene da Dio. La parola di Dio non è soltanto nutrimento ma dà origine a ciò che siamo, ci guida, ci illumina, ci sostiene. Gesù trova il suo fondamento in Dio citando un testo bellissimo del Primo Testamento dove l’essere umano è definito per la sua dipendenza dal creatore.
Il secondo scontro configura una specie di sfida a Dio. Gettarsi da un’alta torre, sfidare Dio a proteggerlo, assomiglia un po’ all’agire insano del nostro mondo che vive come se Dio non ci fosse, sfruttando senza riserve il pianeta o continuando a costruire armi e a lanciare missili nucleari nell’oceano, salvo poi chiedere l’intervento di Dio per mettere ordine nel creato distrutto o tra società incapaci di parlarsi. Noi trasformiamo il cibo in armamenti, con le scelte politiche guerrafondaie dei leader mondiali, ma non ne vogliamo le conseguenze. Ecco che Gesù avverte anche noi: non tentate Dio. Il Dio della vita e della giustizia cerca in noi atti di giustizia e scelte di vita, e non atti di sfida o impotenti invocazioni d’aiuto. Tutto ciò che ci doveva servire per gestire il mondo e le relazioni intraumane ci è stato dato con la capacità di amare e di ragionare. Non tentate Dio.
La terza tentazione è forse più difficile per noi da comprendere, e più legata alla vicenda umana di Gesù: che tipo di messia sarebbe stato? Quello che attendevano gli zeloti? Un capo-popolo rivoluzionario? Un agitatore di masse, pronto a prendere il governo del mondo? Forse anche noi saremmo stati contenti di un Gesù più conseguente nel mettere mano al Regno di Dio su questa terra. Avremmo visto realizzarsi un sogno, un governo ispirato alla giustizia e alla pace. Ma Gesù non si sostituisce a Dio, non invoca per sé la posizione di re di tutto il mondo. Per farlo, dovrebbe rifiutare la relazione di fiducia profonda che lo lega al padre. Satana è pronto a offrirgli tutti i regni in cambio di un gesto di sottomissione. Questo terzo dialogo mostra la denuncia profonda di ogni tipo di potere da parte del narratore, dei primi credenti, della prima comunità cristiana. Il governo del mondo è un luogo centrale del male, è nelle mani del maligno. Ma Gesù sa opporre la sua fiducia in Dio a questa tentazione così importante. Il mondo non verrà cambiato attraverso un governo coercitivo. Solo la conversione di ognuno e l’azione di Dio, che passa attraverso la libertà dei credenti, offrono una possibilità di trasformazione della storia.


Gesù esce vincitore da questo triplice scontro, e si prepara dunque ad affrontare altre prove: a conoscere le malattie, la schiavitù, la povertà e l’ipocrisia che percorrono la società del suo tempo, come del nostro. E poi ad affrontare i capi religiosi e ad ingaggiare con loro una lotta che come pegno ha proprio la relazione di fiducia in Dio che si fa presente attraverso la libertà degli uomini e delle donne.
Questo racconto viene proposto dalle liturgie delle chiese cristiane all’inizio della Quaresima per indicare quali prove anche noi dobbiamo affrontare, per avviarci verso la Pasqua. Ma ci viene più facile identificarci in Paolo.


Anche Paolo ci racconta che la sua tentazione passa attraverso tre momenti successivi. C’è forse qui già un ricordo tradizionale della triplice tentazione di Gesù.
Gesù, dopo il deserto, si apre al suo ministero; Paolo invece, immerso in un doloroso conflitto con Dio, trasforma la sua preghiera in accettazione e si lascia guidare. La fiducia è la risposta in tutti e due i casi. Forse nel caso di Paolo riconosciamo in lui una forma di rassegnazione. Forse nel caso di Gesù riusciamo a vedere maggiormente la forza prodotta da questa fiducia.
Eppure Paolo, con una frase fulminante e veloce, ci lascia la risposta aspra e piena che viene da Dio. “la mia grazia ti basta”. Non il potere, non la ricchezza, non la sicurezza. La grazia di Dio è la nostra forza. La debolezza delle nostre esistenze non è più un ostacolo, né le nostre ansie, paure o incertezze. Perché Gesù ci precede e ci segue, Gesù guarda i nostri passi, è la nostra avanguardia.
Porci in ascolto di lui è il modo per riconoscere, affrontare e superare le tentazioni che circondano anche noi.

 

Pastora Letizia Tomassone Predicazione 5 Marzo 2017 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze


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Ultimo aggiornamento: 12 Giugno 2017
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze